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Il Tribunale fallimentare non attrae ogni azione del fallito

La Suprema Corte, con sentenza n. 21009 depositata in data 02.10.2020, si è pronunciata sul tema dell’individuazione del giudice competente a tutelare i diritti di credito vantati dal fallito nei riguardi di terzi quando tali diritti siano preesistenti al fallimento, stabilendo che non sono attratte nella sfera di competenza del Tribunale fallimentare tutte le azioni volte a recuperare siffatti crediti.

Nel caso di specie, il Tribunale di Lodi aveva declinato la propria competenza in favore del Tribunale di Milano, accogliendo l’eccezione proposta dalla società fallita che aveva intimato il pagamento di una somma di denaro nel giudizio di opposizione al precetto ex art. 635 c.p.c., in forza dell’art. 24 l. fall. che prevede che il Tribunale che dispone il fallimento è competente a conoscere tutte le cause che derivano dal fallimento stesso.

La causa era stata così riassunta dinanzi al Tribunale di Milano, il quale aveva però proposto d’ufficio il regolamento di competenza innanzi alla Corte di Cassazione.

Secondo il giudice di Milano, infatti, non rilevava nel caso di specie la disposizione dell’art.24 l. fall. poiché i crediti di cui era causa erano già esistenti nel patrimonio del fallito prima della dichiarazione di insolvenza, bensì erano da applicarsi i principi generali di cui agli artt. 27 e 480 c.p.c., secondo cui la competenza spetta al giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto, dunque il Tribunale di Lodi.

La Corte di Cassazione ha precisato la portata dell’art. 24 l. fall. in riferimento alla formula “azioni che derivano dal fallimento”, dando seguito ad un orientamento costante della giurisprudenza secondo il quale per esse si intendono tutte quelle azioni strettamente connesse al fallimento e che trovano in esso il suo fondamento.

La Corte ha, tuttavia, sottolineato come tale connessione non sia presente nel caso in cui il curatore agisca per recuperare “crediti già presenti nel patrimonio del fallito anteriormente l’inizio della procedura concorsuale, poiché l’azione non trova causa nel fallimento, ma è ad esso collegato da mera occasionalità”.

Ne consegue che tutte le preesistenti azioni che con il fallimento siano in relazione di mera occasionalità restano soggette alle regole processuali ad esse applicabili e non sono, pertanto, attratte nella sfera di competenza del Tribunale fallimentare.

In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato la competenza del Tribunale di Lodi nel giudizio di opposizione all’esecuzione promosso dal curatore nei confronti del debitore del fallito.

Cassazione Civile, 02.10.2020, n. 21009

Cassazione Civile, 02.10.2020, n. 21009