Qualora le immissioni ed i rumori provenienti dall’attività commerciale-produttiva superino la soglia di normale tollerabilità e siano tali da ledere il diritto al normale svolgimento della vita familiare, è legittimo il riconoscimento del danno a colui che li subisce.
La Cassazione è tornata a pronunciarsi sul tema in una vicenda in cui la Corte d’Appello, pur riconoscendo il diritto al risarcimento del danno al proprietario di un immobile soprastante una rumorosa attività commerciale, aveva diminuito l’importo in precedenza stabilito dal Tribunale non essendo stato provato un danno alla salute dell’attore, ma unicamente una compromissione al pieno svolgimento della sua vita domestica.
Il proprietario dell’immobile si è dunque rivolto alla Suprema Corte lamentando il minor importo riconosciutogli non essendo – a suo dire – il danno alla salute oggetto di uno specifico onere probatorio.
La Cassazione ha ritenuto congruo l’importo liquidato in € 10.500,00 dalla Corte d’Appello, non essendo stato provato un danno alla salute del ricorrente pregiudicato solo nella libera e piena esplicazione delle proprie abitudini di vita quotidiane, quale diritto costituzionalmente garantito.
Tuttavia, sotto altro profilo, la Suprema Corte si è discostata dal criterio adottato dalla Corte d’Appello, precisando che nel valutare gli interessi contrapposti, una volta accertato il superamento della soglia di normale tollerabilità dei rumori emessi, viene meno la priorità riconosciuta all’attività commerciale rispetto alla destinazione abitativa e non deve essere invece considerato il criterio della “priorità dell’uso”.
Cassazione Civile, 03.09.3018, n. 21554
Cassazione Civile, 03.09.2018, 21554